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Le lenti gravitazionali per studiare l’universo

 Di Giulia Bondi


Una delle evidenze più note della Teoria della Relatività Generale di Einstein è la deflessione della luce provocata dal campo gravitazionale. Nel 1912 Einstein descrisse una delle principali conseguenze di questa deflessione della luce, ovvero le lenti gravitazionali. Come mostrato nella figura sottostante, questa tipologia di lente consiste in una massa M (un pianeta, una stella, una galassia…) che devia la luce prodotta da una sorgente di luce lontana S. In questo modo la luce raggiunge un osservatore O attraverso due differenti percorsi e come conseguenza l'osservatore O vede due immagini distinte di S, che risulta pertanto più luminosa. In questo modo la gravità agisce come un telescopio. 

Quando la luce della sorgente segue molteplici percorsi curvi passando vicino ad una lente gravitazionale, si ottengono immagini multiple della stessa sorgente oppure essa viene deformata in un anello come mostrato nell’immagine sottostante, ottenuta dal telescopio Hubble. L’anello mostrato in questa fotografia è prodotto dall’effetto della lente gravitazionale dovuta alla galassia rossa al suo centro, la quale distorce l’immagine di una galassia blu più distante. L’ingrandimento dovuto alla lente ci mostra la galassia blu, che sarebbe altrimenti molto meno enfatizzata. 


Immagine che contiene esterni, notte, stella, oggetto da esterni

Descrizione generata automaticamente

Credit ESA/Hubble & NASA


Einstein annotò le equazioni base di questo principio in uno dei suoi quaderni ma concluse che questo fenomeno non era osservabile. Giudicò infatti estremamente improbabile che due stelle si allineassero esattamente con la Terra producendo una doppia immagine osservabile da essa.



Raccolta di articoli di Albert Einstein, Vol. 3, p. 585, Princeton University Press


Negli anni successivi, l'idea della lente gravitazionale comparve in molte pubblicazioni, ma tutti gli scienziati convennero che il fenomeno non fosse osservabile.

Tuttavia, il 29 maggio 1919, circa 100 anni fa, durante un’eclissi totale di sole, Sir Arthur Eddington, astronomo e astrofisico inglese, riuscì a compiere alcune rilevazioni sperimentali che mostrarono ottima corrispondenza con la stima quantitativa calcolata da Einstein. Egli si recò sull'isola di Principe, al largo della costa occidentale dell'Africa, e puntò il suo cannocchiale verso il cielo sfruttando le particolari condizioni offerte da una eclissi totale di sole. Il suo collaboratore Dyson si recò invece con una spedizione parallela a Sobral, in Brasile. Vennero impressionate delle immagini su lastre fotografiche. Lo scopo era quello di sfruttare l’effetto schermante della Luna durante un’eclissi totale di sole, e sfruttare l’astrometria per osservare la posizione delle stelle nel cielo attorno al Sole durante l’eclissi. Queste stelle, normalmente non visibili durante il giorno a causa della luminosità del Sole, sarebbero diventate visibili negli istanti di eclissi in cui la Luna avrebbe coperto il disco solare. Una differenza nella posizione misurata delle stelle durante l’eclissi, paragonata alla loro normale posizione di notte, avrebbe indicato che la luce delle stelle era stata deflessa passando vicino al Sole. L’eclisse del 1919 venne scelta perché avrebbe avuto luogo con il Sole davanti a un luminoso gruppo di stelle chiamate Iadi. La luminosità delle stelle avrebbe reso più facile misurare ogni cambiamento nella posizione. Gli astronomi calcolarono la distanza dal Sole di alcuni puntini luminosi nel cielo, in assenza della luce solare. Come predetto da Einstein, la deflessione della luce risultò ben rilevabile.

Nell’immagine sottostante è rappresentata l’eclissi solare del 1919 risultante da moderne tecniche di elaborazione delle immagini. Si può notare la corona solare con un’enorme prominenza sulla destra del sole e le stelle della costellazione del Toro, utilizzate per confermare la predizione della teoria della relatività generale.


La teoria della relatività generale di Einstein è tuttora la più accreditata teoria sulla gravitazione e sull'universo che oggi abbiamo a disposizione e l'osservazione di Eddington ha rappresentato l'esperimento cruciale per dimostrarne la validità.

Studiando le proprietà e le forme delle galassie più distanti, gli astronomi possono oggi usare l’effetto  lente gravitazionale per studiare la distribuzione di tutta la materia nell’universo (sia quella visibile che quella oscura). Le immagini delle lenti gravitazionali rilevate dal telescopio

Hubble sono state infatti usate per creare mappe della materia oscura nell’universo.

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