Passa ai contenuti principali

Se l'è cercata

 

di Federico Migliori

Recentemente un personaggio molto conosciuto in Italia ha pubblicato un video in cui dichiara che se una presunta vittima non denuncia un altrettanto presunto stupro subito, allora l’evento non è mai accaduto. Oltre alle dichiarazioni di questa persona, fanno paura anche le migliaia di persone che, fortunatamente in controtendenza rispetto ai più, si trovavano a concordare con le sue affermazioni, sottoscrivendo il video con un commento. 

È bene ricordare che a determinare se un reato ha avuto luogo o meno sono le indagini e i processi, ma oltre ciò, effettivamente, perché non si denuncia subito? È un discorso complesso e decisamente poco piacevole, ma è importate capire perché in molti casi serva del tempo per elaborare i fatti e le emozioni derivanti dallo stupro.

Durante una violenza sessuale nel cervello della vittima prevale la paura. Si va in contro al congelamento: l’amigdala, la parte fondamentale del cervello per la gestione della pausa, riconosce l’aggressione e il pericolo, segnala al tronco cerebrale di bloccare ogni movimento. Dire di no, divincolarsi o chiedere aiuto sono azioni che la maggior parte delle vittime non possono compiere. Tutto questo accade in modo automatico. 

Il circuito cerebrale della paura scatena poi un’ondata di neurotrasmettitori che generano stress nella corteccia prefrontale, la regione adibita alle funzioni di sistema esecutivo, cioè il pensiero razionale, come distinguere pensieri contrastanti, determinare bene e male, uguale e diverso, determinare le conseguenze delle attività correnti, predire risultati, fare aspettative. Questi neurotrasmettitori sono così tanti da inibire il funzionamento dell’intera regione, ne compromettono l’utilizzo portando ad una perdita di lucidità. La maggioranza delle vittime di stupro ha dichiarato di “sentirsi come una bambola di pezza”, altre di aver sperimentato una forte sonnolenza o di essere svenute.  

Altra risposta piuttosto comune è quella della dissociazione, cioè la sensazione di irrealtà, di trovarsi altrove, uno scollegamento dalle emozioni provocate dalla violazione. 

Come dicevamo queste reazioni alla paura sono automatismi compiuti dal cervello come effetto dell’aggressione, ma poche persone riescono a comprenderlo. Proprio per questo le vittime tendono piuttosto a darsi la colpa, chiedendosi perché non ci si è ribellati o non si è fuggiti. 

Durante l’avvenimento la vittima non è padrona del proprio corpo, non è consapevole di ciò che fa, o meglio, di ciò che non fa. 

Il cervello di chi ha subito violenza può presentare, dopo l’evento, le stesse alterazioni riportate nel disturbo da stress post-traumatico (PTSD), quello che sperimentano spesso i soldati di ritorno dalla guerra. Si sono riscontrati effetti come: paura intensa, incubi, stress cronico, difficoltà a concentrarsi, ipervigilanza o esagerate risposte di allarme. 

Le aree cerebrali colpite sono principalmente la corteccia frontale e prefrontale, l’amigdala e l’ippocampo, responsabili della regolazione delle emozioni e della memoria. Ciò comporta una diffusa difficoltà a distinguere i ricordi del passato dal presente, se non addirittura l’assenza di memoria dell’evento stesso. si parla in questo caso di amnesia post-traumatica: i ricordi del trauma, per un meccanismo di difesa, diventano inaccessibili al ricordo consapevole. A questo si unisce anche il fatto che, se la mente non possiede un ricordo dettagliato dell’avvenimento, il corpo è invece capace di rievocare sensazioni ed emozioni tramite percezioni associate al trauma (come colori, suoni o odori). Questi “ricordi” si presentano improvvisamente sottoforma di violente reazioni di panico e terrore, apparentemente immotivate. 

I sintomi, se non trattati, tendono ad avere un andamento crescente nel tempo, arrivando anche a conseguenze gravi. 

Dovrebbe dunque essere chiaro perché è difficile denunciare subito dopo lo stupro, ma anche dopo.


Fonti:

https://www.washingtonpost.com/news/grade-point/wp/2015/06/23/why-many-rape-victims-dont-fight-or-yell/

https://www.ilvasodipandora.org/cosa-succede-al-cervello-subito-violenza-ne-parliamo-la-dottoressa-rita-vadala/

https://www.stateofmind.it/2017/07/cervello-traumatizzato/#:~:text=In%20altre%20parole%2C%20se%20si,calma%20e%20difficolt%C3%A0%20ad%20addormentarsi

https://www.stateofmind.it/2017/02/effetti-dello-stupro-vittime/



Commenti

Post popolari in questo blog

Letter to me ten years ago

 Di Vanessa Verzola you will see your life through romantic, brown eyes you will look outside the bus living with your interior strife you would not say it’s you the girl who’s singing for you, who’s talking ‘bout you today I feel like I can see the little me laughing in a funny pose and nobody really stole your nose: trust me I could never walk away for me, for you it’s true let me stay I hope I will get better ‘cause you need it, and I need you to be me and you need me to be you Go somewhere you can be you and believe in you, and in what you do ‘cause I deserve it

Moda veloce, ma sostenibile?

 Di Vanessa Verzola Fast fashion . Da tradursi letteralmente con “moda veloce”, è un settore dell’abbigliamento che produce e vende capi di bassa qualità a prezzi super-ridotti e che lancia nuove collezioni in tempi brevissimi. È comparso tra la fine degli anni ‘90 e i primi 2000 e ha portato a un aumento del 400% dei capi di abbigliamento rispetto a 20 anni fa; prima lo shopping era un evento occasionale e, in generale, le persone consumavano meno rispetto ad oggi. Ma perché l’industria del fast fashion ci riguarda in prima persona? Tutto nasce da un problema di sfruttamento delle persone coinvolte e dell'ambiente, e riguarda il futuro di tutti noi. Nasce tutto dal fatto che le catene di abbigliamento low cost hanno bisogno di ridurre i costi e di accelerare i tempi di produzione; quindi esportano la produzione all’estero, nei Paesi in via di sviluppo, dove la manodopera costa meno. Il problema è che spesso questi sono Paesi in cui i datori di lavoro sono poco attenti alla qual...

Un anno in musica: i trip mentali dopo l’ultimo maggio tassoniano

di Vincenzo Rosa Bella per te, beh innanzitutto grazie che hai aperto questo articolo…  Si lo so che probabilmente ci sei finito per sbaglio, però ritengo già un traguardo che tu abbia letto fino a QUI… Beh dato che sei arrivato più o meno alla seconda/terza riga di ‘sto insieme di caratteri, che sta prendendo progressivamente la forma di un articolo, allora vuol dire che: o non sai proprio cosa fare (allora caro mio sei in buona compagnia)  oppure ti interessa leggere quello che ha da dirti un ragazzo di quinta il quale ha da poco finito di vivere il suo ultimo maggio Tassoniano (si spera). Ok è ora che arrivi al sodo altrimenti tu, sì proprio tu, unico superstite dopo questo preambolo iniziale, lasci solo il me del futuro a leggere questo arti…. insieme di pensieri buttati un po’ a caso. Allora, facendo una rapida analisi degli ultimi viaggioni mentali che mi sono fatto mentre fissavo gli appunti di qualche materia sperando che le nozioni entrassero in testa tipo per osmosi,...