di Cecilia Orlandi
Immaginiamo che Batman scippi un'anziana signora. Assurdo! Accostare il supereroe della Dc comix ad un atto così deplorevole è a tal punto stridente con la sua immagine virtuosa che pare impossibile portare a termine l'associazione. Imbratterebbe irrimediabilmente la sua figura di nobile e misterioso giustiziere: sarebbe forse questa giustizia? Sottrarre crudelmente gli averi di una povera donna? Naturalmente no! Perciò rasserenatevi, fervidi ammiratori di Batman: proprio per questa ragione lui non si macchierà mai di crimini nel genere e tale curiosa supposizione rimarrà nulla più che una bizzarra ipotesi. La stesso caso sarebbe occorso se il supereroe fosse stato, per esempio, un bracconiere, se avesse spacciato droga o se in generale avesse fatto del male a persone innocenti. L'elenco di azioni malvage potrebbe protrarsi all'infinito e innumerevoli volte si giungerebbe alla stessa conclusione, ovvero che Batman, coerente con la sua retta, integerrima personalità, le rifuggirebbe e condannerebbe senza esitazione. Si immagini ora un'evenienza diversa: uno scontro con uno dei suoi antagonisti, che colpevoli delle loro attività criminose, sono giustamente invisi all'intero pubblico. Gli spettatori spereranno chiaramente nella vittoria dell'eroe e, nel caso in cui il regista sia riuscito a coinvolgerli a sufficienza nell'ardore della battaglia, avvertiranno i loro battiti accelerare quando il nemico parrà prevalere. Infine esulteranno - i più composti lo penseranno soltanto - per la tanto bramata quanto prevedibile sconfitta di quest'ultimo. Difficile che qualcuno decida di assumere le difese di Joker, del Pinguino, dell'Enigmista o di chicchessia. Perché si dovrebbe, d'altro canto? Sono nel torto e da costoro Batman protegge con coraggio e sacrificio la cupa città di Gotham. E quindi presente, nella sua forma più spontanea e genuina, un chiaro distinguo nel dualismo di bene e male.
Quando si desidera rilassarsi dinnanzi a un film e da questo lasciarsi trasportare, quando si vuole cogliere la soddisfazione che da un buon finale scaturisce e l'entusiasmo che di qui sboccia, allora questo senso elementare di giustizia prevale e ci avvolge con le braccia dell'autenticità. Non si tratta di decidere che cosa è entro i limiti di legge e cosa non lo è: nella realtà si verrebbe indagati sia se si attaccasse la sventurata signora di cui già si è trattato sia se si procedesse nell'attuare una forma di giustizia - nonostante pressoché tutti la reputino degna e motivata - non così compliante o disposta a negoziazioni. Ora, certo non si può effettuare una vera trasposizione di ciò che accade nel mondo di finzione cinematografica con ciò che concerne il quotidiano. Il quadro è certamente più complesso e sarebbe ingenuo ritenere le cose sullo piano; persone come Batman non troverebbero posto nell'ordine costituito, sebbene sia esattamente questo che desiderano difendere. Il mondo ideale dei fumetti si tiene a distanza dalle formalità della legge ma nel concreto le soluzioni nei confronti degli antagonisti citati in precedenza sarebbero di gran lunga più mediate e molto meno istintive. Nella realtà però queste considerazioni sembrano non limitarsi a ritenere la tutela dei colpevoli soltanto costituzionalmente opportuna. Si assiste ad una tendenza che alle volte pare avere molto a cuore, fino spropositatamente, questi ultimi e che trascende il comune senso di giustizia. I proprietari dei cani da guardia che aggrediscono intrusi dagli intenti loschi e noncuranti dei cartelli d'avvertenza probabilmente dovranno pagare ingenti somme di denaro per i danni procurati dalle loro bestiole; se l'anziana signora di cui si è parlato all'inizio avesse procurato per difesa un trauma fisico al malvivente scatterebbero gli accertamenti per eccesso di legittima difesa perché si presuppone che l'intento dello scippatore non fosse fare del male alla donna ma solo rubarle la borsa e la stessa cosa accadrebbe se volessimo proteggere noi stessi, il nostro marito o la nostra moglie, i nostri figli o chiunque viva con noi dal ladro che fa irruzione nella proprietà privata. Colpa della legge? Niente affatto. Questa possiede in merito una caratteristica particolare, uno scudo resistente a qualsiasi attacco: la vaghezza. L'articolo 52 del codice penale recita che "non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di un'offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all'offesa". Ebbene, quest'ultima parte può divenire molto sibillina ed è di fatto lasciata al libero arbitrio dei singoli. Definire un pericolo attuale ed una difesa proporzionata può risultare banale in alcuni casi ma ha anche il potenziale per diventare una carta vincente in mano ai difensori dei criminali. Si ponga il caso che un attacco a mano armata si scopra in seguito impropriamente detto perché la pistola impugnata era finta: è facile sostenere che non vigeva alcun rischio ma non è forse altrettanto semplice comprendere le ragioni della persona minacciata, che spaventata e impossibilitata a verificare l'autenticità dell'arma - se non sulla sua pelle, e questo non è auspicabile -, ha reagito? Si precisa, a proposito, che la discussione non è volta ad incentivare l'acquisto e la detenzione di armi, permesso che andrebbe valutato con molta attenzione e soprattutto ad personam: sappiamo bene che laddove acquistare un fucile pesante non è molto più laborioso che comperare una scatola di cioccolatini il tasso di criminalità raggiunge livelli paurosamente alti. La focalizzazione nel suddetto contesto è incentrata sul fatto di per sé e non sui suoi presupposti, ovvero nell'ipotesi in cui l'arma, una volta accertata la regolarità del suo possedimento e il temperamento equilibrato del proprietario, venga usata per difesa. Oppure ancora, ad uno strattone ricevuto in strada non si dovrebbe conrattaccare con una tecnica di difesa perché sarebbe opportuno, secondo taluni magistrati, estrapolare l'atteggiamento in fondo pacifico e non volto al combattimento da parte del borseggiatore? È forse troppo brutale invalidare un avversario - ad esempio slogando una spalla - quando il suo atteggiamento nei nostri confronti appare fosco ed imprevedibile? Troppo spesso la risposta è affermativa, oppure si tramuta in negazione dopo estenuanti riflessioni.
Ci si potrebbe chiedere se mai, oltre ad immedesimarsi nella situazione del colpevole, dall'alto dello scranno si assuma anche e soprattutto l'ottica di chi ha ricevuto l'attacco. In questi termini sembrerebbe di sfociare in un discorso di retorica ma in fondo non è proprio su questa che fanno leva coloro che si sforzano di difendere l'aggressore? Si prenda in considerazione e.c. la posizione delle forze dell'ordine. Gli agenti in Italia possiedono armi, certo, ma sono al contempo sottoposti a dei limiti nell'impiego delle stesse. Innanzitutto dev'essere inserita la sicura ed il colpo non può essere direttamente in canna: ciò rende più lento il dispiego dell'arma in caso di bisogno, ritardo dovuto anche alla sua scomoda posizione nell'uniforme. Inoltre, se tenuta in cintura e ben visibile come di regola, potrebbe per giunta essere non troppo faticosamente sottratta all'esecutore. Ritenere che sparare debba essere sempre l'extrema ratio in ogni occasione è più che ragionevole, ed è inoltre comprensibile tenere un comportamento diverso da quello protratto dalle forze armate all'estero, svariate volte giudicato a ragione esageratamene incisivo; tuttavia la soluzione italiana non consiste in un compromesso tra le parti quanto piuttosto nell'imposizione di una condotta mite a tal punto da risultare pericolosa sia per gli agenti stessi sia per chi necessita della loro difesa. Tutto ciò per evitare che vi siano più vittime tra gli aggressori - un'eventualità ribadiamo da scongiurare sempre laddove sia possibile - ma al contrario in tal modo se ne rischiano di procurare di più tra le persone aggredite. Anche l'uso del teaser è stato lungamente discusso: nonostante il fatto che esso infierisca in misura ancora minore rispetto ad una pistola, si sono innalzate polemiche sulla rischiosità della scarica di corrente che questo rilascia, ancor una volta curandosi di più dell'incolumità del malvivente che di quella del cittadino da proteggere. Sebbene la giustizia di fantasia dei film sia troppo semplicistica, di tanto in tanto quella reale appare però fin troppo vicina all'estremo opposto. La legittima difesa viene soppesata con minuzia esasperante. Ciò non vuole ovviamente implicare una smodata e svincolata bramosia di salvaguardia personale bensì una più equilibrata concezione del diritto di proteggersi, cosa che sta lentamente venendo meno. Leggi di carattere ampio e generale non provvedono alla tutela degli imputati che di questa "colpa" si sono macchiati, e le conseguenze per loro, se si trovano a fronteggiare un bravo avvocato ed un giudice poco indulgente, potrebbero essere spiacevoli. Magari l'assoluzione potrebbe arrivare ma nel frattempo si sarebbero già seduti più volte in un'aula di tribunale ed avere atteso anni prima della sentenza decisiva. Un iter esagerato ed inverosimile che indegna con il suo protezionismo alle volte incomprensibile e le cui pratiche contrastano con il basilare concetto di autotutela. Pur non essendo Batman e non volendo diventarlo - è di questo che hanno timore? - la difesa personale per ognuno non può e non deve rappresentare un privilegio concesso dallo stato ma un diritto più facilmente riconosciuto e che deve gridare la sua inviolabilità.
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