di Davide Caretto
Complotti, tradizionalismi bigotti, ipocrisia da vendere e tanta sfrontatezza: questo è ciò di cui trasuda la nostra società al momento delle feste natalizie. È davvero possibile che, dopo 64.000 decessi sul territorio nazionale, il nostro problema (o meglio, il problema della plebaglia) sia il cenone di Natale? 64.000 vite umane, 64.000 respiri spezzati, 64.000 amici, figli, genitori, parenti che non rivedremo mai più. La nostra più grande preoccupazione è sciare, riempire centri commerciali per colmare il vuoto di una relazione con vuoti regali, mancare di rispetto ai morti vivendo nella “normalità”. A volte penso davvero che ci meritiamo tutto ciò. Il dissennato popolino sta facendo le sue scelte e l’unico a festeggiare sarà il virus, così contento di crescere tra menti incoscienti.
Sono proprio loro che sono emersi alla vigilia delle feste, gli incoscienti. Per di più felici e sereni. Credono che andrà tutto bene, che non ci sia nessuna emergenza e che tutto si risolverà presto, incoscienti del fatto che sono loro a influenzare la durata di questo inferno. Proprio così. La proporzione è facile: più si sta a casa, meno contagi ci saranno e al più presto si sarà liberi di riempirsi di esasperati buonismi. Questa proporzione (ribadita fino allo sfinimento sin dal lockdown) non è stata rispettata in estate e adesso è tempo di pagarne le conseguenze. Chi è cosciente sa che bisogna fare sacrifici e li fa senza obiettare. Non si parla di essere “schiavi del governo” ma di avere buonsenso e rispetto per il prossimo: nessuno è contento di festeggiare con due o tre parenti o addirittura da solo, ma rinunciare ai festeggiamenti è tanto un dispiacere quanto un atto di amore nei confronti delle famiglie in lutto, oltre che una precauzione per il futuro, per sé stessi.
Sembra non esserci luce nel tunnel d’ignoranza della doxa, a mio parere la più ingestibile di sempre. Ai giorni d’oggi, in un mondo diviso per estremi e governato da fake news (che secondo gli agghiaccianti risultati della rivista “Science” girano più velocemente delle notizie vere), ognuno si sente legittimato a fare quello che vuole, senza paura di una legge, senza una coscienza d’azione che lo freni. Schopenhauer la chiamerebbe una “cieca volontà di vivere” che però non arreca dolore a sé stessi ma al prossimo, un prossimo che invece è cosciente. E ciò che è ancora più terrificante è che le notizie false sono spinte da una classe politica che approfitta del mare in tempesta, che viaggia a vele spiegate con il malcontento popolare. Una classe politica demagogica alla panem et circenses, che riesce a dire tutto e il contrario di tutto (chiudere, aprire, vaccini sì, vaccini no…) e che nel frullatore di opinioni getta anche l’imprescindibile necessità di “aprire le chiese ai fedeli”.
Un perfetto esempio della catastrofica incoscienza felice è la Svezia, nazione che si è fidata del “buonsenso” dei cittadini. Non è stato imposto nessun lockdown, nessun uso della mascherina e nessuna regola precauzionale, solo consigli e inviti: anziani e persone fragili sono stati invitati a stare a casa, si è consigliato di non usare mezzi pubblici e di lavorare a casa se fosse stato possibile. Niente di più utopico. La rivista Time ha pubblicato un’analisi dettagliata, che è giunta a conclusioni scettiche nei confronti di quello che viene definito “l’esperimento svedese”: “è quasi certo che si tradurrà in un fallimento netto in termini di morte e sofferenza”. A partire dal 13 ottobre, come riporta la rivista, il tasso di mortalità pro capite della Svezia è di 59,4 per 100.000 persone, un numero circa dieci volte maggiore delle vicine Finlandia e Norvegia. Anche il The Lancet si è espresso negativamente riguardo alla posizione passiva della Svezia che “ha provocato un aumento dei decessi, non solo nelle residenze per anziani, ma anche tra gli anziani residenti in comunità”. Diciamo quindi che i consigli non sono stati ascoltati, e la morte ha bussato alle porte di molti.
Reputo nauseante questa stoltezza, questa finta ingenuità, questa filosofia dell’“andrà tutto bene” quando sta andando tutto male. È necessaria la trasformazione da “incoscienza felice” a “coscienza infelice”, trasformazione che deve essere attuata al più presto per squarciare il velo delle illusioni buoniste e iniziare a vedere uno spiraglio di speranza.
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